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Il Po scorre poco più di 50 chilometri a Nord di Parma ma la terra natia di Silvio Corradi è attraversata da una serie di altri fiumi e torrenti, come il Baganza, il Parma ed il Taro; più che naturale, quindi, che per una regione con rilevante attività agricola, i corsi d'acqua assumano un'importanza preminente nella vita di tutti, legata alle esigenze dell'irrigazione ma anche al costante pericolo delle alluvioni.
La "Gazzetta di Parma", quotidiano locale, attribuì a Silvio Corradi l'epiteto di "Domatore di Fiumi". Non sappiamo se il giornalista si fosse o meno ispirato all'esploratore britannico Henry Morton Stanley, famoso per la sua avventura nell'area del fiume Congo e soprannominato dagli indigeni Frantumatore di Rocce.
Fatto sta che Silvio Corradi, che aveva mantenuto della sua esperienza africana l'uso di indossare frequentemente un casco coloniale, poteva ricordare un personaggio alla Stanley.
Il suo primo approccio con le problematiche fluviali fu nell'ottobre 1913, quando, prestando servizio militare a Vicenza, assistette ad una piena del torrente Astico, che scorre ad est della città, e fu interessato dal comportamento delle acque in presenza di masse di detriti trasportati a valle. Dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, attorno al 1920, decise di approfondire le sue osservazioni in materia e compì i primi studi su possibili sistemi per fare depositare il materiale che l'acqua porta con sé durante le piene.
Queste sue prime esperienze furono accolte con scetticismo da parte degli ambienti preposti al controllo delle acque. |
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Nel 1925 elaborò un sistema che avrebbe consentito la regolazione automatica e progressiva del flusso delle acque e si mise alla ricerca degli appoggi necessari per passare alla sperimentazione pratica della sua idea. Questo percorso si dimostrò lungo e defatigante.
Per aumentare la velocità delle correnti dei grandi fiumi Silvio Corradi ideò un dispositivo speciale composto da chiatte, abbinate ed ancorate, munite di paratoie subacquee inclinate per determinare una caduta di corrente verso il basso. Il disposivo crea un flusso che scava la parte centrale del fiume, evitando l'accumulo di materiali di riporto. Silvio Corradi disse che l'idea gli era venuta osservando nei piccoli canali le anatre che, muovendo l'acqua con i loro piedi palmati, impedivano ai detriti di depositarsi sul fondo e di formare la così detta "schiena d'asino". Inoltre, a differenza di quanto avveniva nei canali non frequentati dai volatili anche le sponde erano più integre.
Per l’inalveamento dei torrenti e dei fiumi a carattere torrentizio lo stesso risultato lo ottenne disponendo al centro dei corsi d'acqua, ad intervalli più o meno regolari, dei gabbioni di rete metallica colmi di pietre.
Dall’osservazione del comportamento dell’acqua Silvio Corradi aveva tratto la considerazione che la proprietà di una corrente d’acqua è di produrre escavazione del letto del corso d’acqua, dove si verifica aumento di velocità e al contrario è di depositare materiale dove la velocità diminuisce. |
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Egli spiegò che l’acqua, quando incontra un ostacolo scava intorno ad esso, avendosi in corrispondenza di esso un restringimento di sezione e quindi un aumento di velocità, crea un abbassamento del fondale e continua a richiamare nuova acqua in prossimità dell’ostacolo. E’ per questa ragione che gli argini e specialmente i "pennelli" costruiti allo scopo di difendere le sponde ed i terreni adiacenti finiscono per diventare punti di richiamo per l’acqua che scava e scalza dalle basi queste opere. Questo sistema ottenne l'11 luglio 1937 un brevetto dopo che era stato sperimentato su un tratto del torrente Parma che interessava la proprietà del marchese Antonio Meli Lupi di Soragna. Il "Sistema Corradi" fu sottoposto al Comitato Centrale per l'Esame delle Invenzioni il 29 marzo 1938 ma ricevette un parere negativo. L'inventore non si perse d'animo e, nonostante nel frattempo l'Italia fosse entrata nuovamente in guerra, nel 1942 ottenne un colloquio con il prof. ing. Marco Visentini, presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici che, il 1° giugno, gli suggerì di rivolgersi al Consorzio Idraulico per la Difesa del Torrente Parma per procedere ad una sperimentazione pratica. L'"iter", però, tornò ad arenarsi, poiché il Consorzio non diede alcuna risposta. |
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Nel corso del 1943, però, il prof. ing. Marcello Lelli, direttore dell'Istituto di Idraulica di Genova, compilò un'approfondita relazione che sottopose al Genio Civile di Parma e al Consorzio, chiedendo di prendere in considerazione la proposta “Per la correzione di un tronco del Torrente Parma, con l'applicazione del Sistema Corradi". La situazione generale dell'Italia Settentrionale in quel periodo portò ad un ulteriore slittamento, ma nel 1945 Silvio Corradi e l’Ing.Lelli poterono sperimentare il metodo in laboratorio, creando il modello in scala dell'ansa di un torrente e ottenendo un risultato inequivocabilmente favorevole.
Si arrivò, così, all'ottobre 1946, quando il Genio Civile di Parma accettò di sperimentare il sistema, in scala molto ridotta (con un solo gabbione) sul Torrente Parma, in località Porporano. Il 27 novembre i tecnici verificarono che la soluzione aveva funzionato, con il riempimento di una voragine che l'acqua aveva provocato a monte di una difesa spondale. |
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Questa volta la bontà dell'idea fu riconosciuta ed il 30 dicembre 1948 l'ing. Visentini promise il suo appoggio per una sperimentazione su più larga scala, con l'assegnazione di uno stanziamento di due milioni di lire dell'epoca. Nel febbraio del 1949, mentre i lavori erano in corso, vi fu un'importante piena ma nonostante ciò le opere pur essendo incompiute resistettero, dimostrando nuovamente la validità dell'idea. Il finanziamento effettivo, però, era stato di poco più di 500.000 lire e Silvio Corradi dovette contribuire di tasca sua con altre 500.000 lire, comunque non sufficienti al completamento dell'opera. Il 6 febbraio 1950 Silvio Corradi ricevette una lettera con la quale si annunciava che le spese da lui sostenute sarebbero state rimborsate e, finalmente, nel 1951 il Ministero del Lavoro stabilì la creazione di un cantiere-scuola che interessò un tratto di 2 km del Torrente Parma, in prossimità di Vigatto, con uno stanziamento di più di 3.200.000 lire. I lavori andarono avanti per due anni, fino al marzo del 1953, ma con frequenti interruzioni per carenza di mano d'opera. In quel periodo vi furono diverse piene ed il sistema dimostrò di funzionare benissimo perchè in quel tratto non ci furono straripamenti. |
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Questa volta i pareri ufficiali sulla buona riuscita della sperimentazione non mancarono ma, ugualmente, non vi fu un seguito pratico.
In campo idraulico Silvio Corradi ebbe altre intuizioni, che dopo approfonditi studi e ricerche portarono alla loro codificazione. Nel febbraio del 1950 ottenne il brevetto relativo al "Procedimento per effettuare derivazioni d'acqua da fiumi e da torrenti in genere, per scopi d'irrigazione e simili". Nel 1951, quando vi fu la piena del Polesine, Silvio Corradi suggerì l’utilizzo di battelli opportunamente modificati, adeguati secondo un sistema che aveva prospettato qualche anno prima quando aveva studiato il metodo per facilitare il deflusso delle acque in mare. Come "fall-out" di queste ricerche elaborò anche un dispositivo per depurare le acque fluviali dai materiali trasportati. Con i buoni risultati ottenuti con gli esperimenti di inalveamento del torrente, ed il recupero di vaste aree di terreno molto fertile lungo le sponde, l'inventore di Parma si assicurò la stima del mondo agricolo locale ma, ugualmente, anche se alcuni dei suoi principi furono accettati, non fu più ufficialmente interpellato per compiere lavori di questo tipo. Il 9 agosto 1961, a futura memoria e per evitare che qualcuno in seguito potesse impossessarsi delle sue idee, depositò presso un notaio un documento contenente i suoi "Indirizzi sulla sistemazione del delta del Po". Questo è praticamente l'ultimo atto documentato delle ricerche compiute da Silvio Corradi sui corsi d'acqua. |
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