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Il domatore di Fiumi
 
Silvio Corradi, ancor prima che un inventore eclettico desideroso di cimentarsi con i più svariati aspetti della scienza, era soprattutto un bravo agricoltore. Dalla sua esperienza nel campo dell'agricoltura trasse un nuovo sistema di semina che permetteva di ottenere, da un solo seme di grano, dalle dieci alle venti spighe omogenee e da quattro a sei grani per "castello", anziché due o tre, arrivando a spighe con una quantità di grani quasi doppia rispetto a quella abituale.

Sembra un risultato degno dei più moderni esperimenti scientifici sugli OGM (Organismi Geneticamente Modificati) eppure, come in ogni progetto del geniale studioso di Parma, la risposta ad ogni quesito era semplice (semplice, sì, ma ci volevano comunque le doti d’intuito del Corradi, per trovarla) e, soprattutto, mai in contrasto con le leggi naturali ma, viceversa, in piena armonia con esse e nel loro totale rispetto. Uno dei fondamenti delle teorie di Silvio Corradi, infatti, era proprio che i risultati peggiori si ottenevano forzando crudelmente la natura, mentre essa si esprimeva al meglio nel momento in cui era assecondata con giudizio e, soprattutto, con una buona dose di logica.

Silvio Corradi, ancora una volta partendo dai presupposti della sua esperienza personale e sfruttando le sue acute doti di osservazione, aveva riscontrato che le tradizionali macchine "a disco" o "a falcione" che si impiegavano comunemente nella semina del frumento, avevano non pochi difetti: non consentivano un'equa distribuzione dei semi, che invece erano ammucchiati disordinatamente, non c'era, del resto, neanche un'altrettanto equa distribuzione del terriccio di copertura.

Così alcuni semi, scoperti, anziché germogliare diventavano immediatamente il pasto di uccelli e di insetti.
 
Silvio Corradi - un nuovo metodo di semina
 
Silvio Corradi - un nuovo metodo di semina
Questa mancata distribuzione della terra creava, alle prime piogge, delle "canalette" che, ritrovandosi rapidamente gonfie d'acqua, facevano marcire parte dei semi, inoltre, lo scorretto accumulo dei semi portava ad una "lotta per la sopravvivenza" tra di essi, nel momento della fuoriuscita delle radici, che di certo non giovava a nessuno.

Come risolvere tutti questi inconvenienti? Silvio Corradi propose minime, ma efficaci, modifiche sulle seminatrici tradizionali, unite anche ad una diversa tecnica di lavorazione del terreno.
Per prima cosa bisognava accertarsi di avere steso nel modo migliore possibile il terreno da seminare, in modo che fosse sufficientemente piano, compatto e cosparso con un primo strato di concime superficiale. Fatto questo primo passo, era necessario ridurre sensibilmente il numero di semi da spargere, proprio per evitare inutili accumuli, per lasciare a ciascuno di essi lo spazio vitale necessario a crescere al meglio.

Paradossalmente, quindi, a meno semi corrispondeva più raccolto, contrariamente a quanto all'epoca si pensava, poiché i semi meno numerosi crescevano più sani e meglio curati.

A questo punto, entrava in atto la prima modifica tangibile sulla macchina: si chiamava "assolcatore" ed era un disco diverso da quelli comunemente adottati che, passando accanto ai semi, creava una canaletta vicino ad essi, dalla quale si alzava un monticello di terra che andava a ricadere sui semi, coprendoli in maniera omogenea con la terra stessa ed il concime preventivamente distribuito.
 
I canali che venivano a formarsi garantivano il necessario passaggio di fuga per l'acqua pluviale che, in questo modo, non si fermava sul posto, evitando di "annegare" i semi. Fatta quest’operazione, Silvio Corradi consigliava un passaggio che generasse pressione, detto "rullatura" (proprio come un rullo compressore), per far aderire la terra ai semi, creando per loro quel caldo e accogliente abbraccio indispensabile per una buona crescita della pianta.

Le radici crescevano a loro agio, si diramavano, non erano costrette a farsi largo spingendosi tra loro. Tutta l'energia vitale della pianta si scaricava così sul germoglio che cresceva velocemente, robusto e particolarmente rigoglioso.

Silvio Corradi riscontrò che quello che si definisce "accestimento" praticamente non aveva limiti, generando così da ogni seme una ramificazione simile ad un vero "cesto" di steli. In questo modo le spighe erano più belle alla vista, più omogenee, ma soprattutto più ricche: ognuna portava almeno 70 grani contro una media abituale di 40! Inoltre, la germogliazione precoce, dovuta al minore sforzo di crescita, rendeva le piantine più basse, di conseguenza più resistenti a fenomeni di vento, neve, galaverna e altri agenti atmosferici.
 
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L'esperimento del grano "accestito" fu portato avanti dalla Facoltà di Agraria dell'Università di Parma con risultati tangibili.
 
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